Ricorso per la Regione Calabria (P.I. e cod. fisc.: 02205340793),
in  persona  del  Presidente  della   Giunta   regionale   e   legale
rappresentante in carica, on.le Gerardo Mario  Oliverio,  autorizzato
con deliberazione della Giunta regionale n. 410 del 30  agosto  2017,
rappresentata  e  difesa,  anche  disgiuntamente,   dall'avv.   prof.
Aristide    Police,    (cod.     fisc.     PLCRTD68E10F839F,     PEC:
aristide.police@pec.cliffordchance.com)  e  dall'avv.  Nicola   Greco
(cod.            fisc.             GRCNCL74E11D086U,             PEC:
avvocato11.cz@pec.regione.calabria.it), quest'ultimo  dell'Avvocatura
regionale della Calabria, in virtu' di procura speciale rilasciata  a
margine, con domicilio eletto in Roma,  presso  lo  studio  dell'avv.
prof. Aristide Police, via di Villa Sacchetti  n.  11;  comunicazioni
via fax al n. 06 42291200. 
    Contro il Presidente del Consiglio del ministri in carica - Roma. 
    Per  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 3, comma 1 lettera g), 5, 16, comma 2, 21, 22, commi da 1  a
4, 26 comma 1, lettera a) e 27 del decreto legislativo 16 giugno 2017
n. 104 recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del  Parlamento
europeo e  del  Consiglio,  del  16  aprile  2014,  che  modifica  la
direttiva  2011/92/UE,  concernente   la   valutazione   dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli
articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114»  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie  generale  -  n.
156 del 6 luglio 2017, nelle  parti  analiticamente  individuate  nel
corpo del presente atto per le violazioni dei principi e delle  norme
costituzionali di cui agli articoli 3, 5, 32, 76, 81, 97, 117, 118  e
120 della Costituzione. 
I. Il procedimento di approvazione del decreto legislativo 16  giugno
2017, n. 104. 
    1. Con la legge 91uglio  2015,  n.  114  (contenente  «Delega  al
Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione  di
altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea  2014»;
d'ora in avanti «Legge delega»), il  Governo  e'  stato  delegato  ad
adottare i decreti legislativi per l'attuazione delle  direttive  ivi
elencate, inclusa la «direttiva 2014/52/UE del Parlamento  europeo  e
del  Consiglio,  del  16  aprile  2014,  che  modifica  la  direttiva
2011/92/UE concernente  la  valutazione  dell'impatto  ambientale  di
determinati progetti pubblici e privati - Testo rilevante ai fini del
SEE» (nel proseguo, «Direttiva»). 
    In particolare, l'art. 14 della legge  delega  ha  stabilito  che
«nell'esercizio  della  delega  per  l'attuazione   della   direttiva
2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014
( ... ) il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi  e  criteri
direttivi di cui all'art. 1, comma 1, anche  i  seguenti  principi  e
criteri direttivi specifici: 
        a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione  delle
procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione  al
coordinamento  e  all'integrazione  con  altre  procedure  volte   al
rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; 
        b)  rafforzamento   della   qualita'   della   procedura   di
valutazione di  impatto  ambientale,  allineando  tale  procedura  ai
principi della regolamentazione  intelligente  (smart  regulation)  e
della coerenza e delle  sinergie  con  altre  normative  e  politiche
europee e nazionali; 
        c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da
adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE,  al  fine  di  definire
sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive  e  di  consentire  una
maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; 
        d)  destinazione  dei  proventi  derivanti   dalle   sanzioni
amministrative  per  finalita'  connesse   al   potenziamento   delle
attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio  ambientale,  alla
verifica del rispetto delle condizioni previste nel  procedimento  di
valutazione  ambientale,  nonche'  alla  protezione  sanitaria  della
popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    L'art. 2 della direttiva aveva  previsto  quale  termine  per  il
recepimento della direttiva il 16 maggio 2017. 
    2. Lo  schema  di  decreto  legislativo  per  l'attuazione  della
direttiva 2014/52/UE  e'  stato  approvato  in  via  preliminare  dal
Consiglio dei ministri il 10 marzo 2017 e trasmesso dal  Dipartimento
per gli Affari giuridici e legislativi alla Conferenza permanente tra
lo Stato, le regioni e le  Province  Autonome  di  Trento  e  Bolzano
(«Conferenza permanente») solo il 20 marzo 2017. 
    Nella seduta del 12 aprile 2017 le regioni avevano  richiesto  il
rinvio dell'esame di decreto alla  successiva  seduta  ordinaria  per
definire una posizione comune sullo schema di decreto legislativo  da
adottare. All'esito della seduta del 4 maggio 2017, le regioni  e  le
province autonome hanno consegnato il  documento  di  osservazioni  e
proposte emendative, in parte ritenute imprescindibili, condizionando
il parere favorevole  sul  testo  del  decreto  legislativo  al  loro
accoglimento. 
    3. Si legge nella premessa del testo di osservazioni allo  schema
di decreto legislativo che «le regioni e  le  province  autonome  che
hanno fornito i propri contributi all'esame dello schema di decreto e
la definizione degli emendamenti e che hanno espresso inizialmente un
giudizio  complessivamente   negativo   sullo   schema   di   decreto
legislativo che intende dare  attuazione  alla  direttiva  2014/52/UE
sulla valutazione di impatto  ambientale  tuttavia  sottolineano  che
tale giudizio potrebbe essere superato qualora  fossero  accolti  gli
emendamenti inderogabili illustrati nel presente documento». 
    Ed  invero,  e'  stato   osservato   che   «il   non   tempestivo
coinvolgimento degli enti territoriali nella fase di elaborazione del
testo ha avuto come conseguenza la redazione di un articolato che  si
presenta lesivo delle  prerogative  regionali  sia  sul  piano  delle
competenze funzionali in relazione alle singole categorie di opere da
sottoporre a valutazione ambientale sia sul  piano  della  disciplina
generale del procedimento amministrativo e del coordinamento  tra  le
diverse procedure volte al rilascio  di  parere  e  autorizzazioni  a
carattere  ambientale,  con  riflessi  negativi   sull'organizzazione
amministrativa delle diverse regioni che, in molti casi, avevano gia'
iniziato a strutturarsi per dare attuazione alla  riforme  introdotte
dal decreto n. 127/2016». 
    4. Tra le proposte ritenute  decisive  per  l'espressione  di  un
parere favorevole della Conferenza permanente e la  condivisione  del
testo sono stati considerati «i seguenti emendamenti migliorativi»: 
        (i)  «esplicita   previsione   di   un   regime   transitorio
finalizzato a consentire il differimento nel tempo dell'attuazione da
parte delle  regioni  e  provincie  autonome  che  ancora  non  hanno
provveduto, della previsione della  legge  n.  241/1990  inerente  il
coordinamento  dei   procedimenti   autorizzativi   nell'ambito   del
procedimento VIA»; 
        (ii) «lo stralcio dell'allegato II-Bis» e «un approfondimento
ulteriore con il Ministero dell'ambiente al fine di  individuare  nel
dettaglio il corretto riparto delle competenze»; 
        (iii)   «la   partecipazione   nei   procedimenti»   mediante
«reinserimento della partecipazione non contemplata nello  schema  di
decreto  per  il  procedimento  di  verifica   di   assoggettabilita'
(screening)»; 
        (iv) «salvaguardia delle  prerogative  di  specialita'  delle
regioni e province autonome»; 
        (v) «mantenimento della specificita' ed attuali  termini  per
l'espressione del parere regionale in sede di VIA statale»; 
        (vi) «eliminazione VIA postuma»; 
        (vii) «mantenimento di un livello progettuale definitivo  per
le procedure di VIA Regionali nonche' di elementi progettuali certi e
sufficientemente approfonditi per la procedura di verifica»; 
        (viii)  «eliminazione   della   perentorieta'   dei   termini
procedimentali e mantenimento dell'attuale assetto delle procedure di
VIA per le Regioni (in quanto a termini e modalita' di svolgimento)»; 
        (ix) «mantenimento termini e modalita' per  la  presentazione
di integrazioni nei procedimenti VIA». 
    Giova  evidenziare  sin  d'ora  come   nessuna   delle   proposte
emendative presentate dalla Conferenza permanente nella seduta del  4
maggio  2017  con  riferimento  alle  disposizioni  qui  oggetto   di
impugnazione sia stata vagliata e recepita nel testo  definitivo  del
decreto legislativo. 
    A ben vedere, le regioni e le province autonome aveva espresso in
seno alla Conferenza permanente una posizione decisamente  divergente
rispetto al contenuto dello schema di decreto, atteso che parte della
tematica da esso disciplinata rientra nell'ambito di materie  oggetto
di  potesta'  legislativa  concorrente  regionale.  Le   osservazioni
presentate con il parere reso sullo  schema  di  decreto  legislativo
dalla Conferenza permanente consentono di evidenziare come l'adozione
del testo definitivo ha comportato una violazione delle competenze in
materie in cui le regioni esercitano la  competenza  concorrente.  Il
decreto legislativo,  infatti,  non  contiene  disposizione  di  mero
recepimento della direttiva in  materia  di  Valutazione  di  impatto
ambientale,  ma  ha  consentito  il  trasferimento  allo   Stato   di
competenze che - improntate ai principi fondamentali di  prossimita',
di decentramento e di vicinanza  al  cittadino  -  erano  gia'  state
demandate alle regioni e alle province autonome. 
    5. Con decreto  legislativo  16  giugno  2017,  n.  104,  recante
«attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva  2011/92/UE,
concernente la valutazione  dell'impatto  ambientale  di  determinati
progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli  1  e  14  della
legge 9 luglio 2015, n. 114» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.
146 del 6 luglio 2017 S.O. n. 31),  sono  state  apportate  modifiche
all'attuale disciplina dei procedimenti  di  Valutazione  di  impatto
ambientale - VIA e a quelli di verifica di  assoggettabilita'  a  VIA
(«decreto legislativo»). 
    In  particolare,  alle  regioni  e'  rimasto  esclusivamente,  in
subiecta  materia,   l'esercizio   delle   funzioni   amministrative,
considerato che  esse  sono  state  relegate  ad  un  ruolo  di  mera
subalternita'; da qui l'assunto che gli enti regionali mantengono, di
fatto, poteri di intervento unicamente su alcuni aspetti  prettamente
operativi. Viceversa, la disciplina della materia  in  argomento  non
puo' prescindere dalla previsione di un adeguato coinvolgimento delle
amministrazioni regionali, stante le forti ricadute che essa ha sulle
scelte  cruciali  delle  regioni  e   sui   relativi   obiettivi   di
sostenibilita' e di sviluppo, in  rapporto  alle  caratteristiche  ed
allo stato del territorio; ne', a maggior ragione, la disciplina puo'
prescindere dallo stabilire eventuali iniziative volte  ad  impedire,
mitigare o compensare gli effetti  negativi  sulle  aree  interessate
senza rendere partecipe i medesimi enti regionali. 
    Le   disposizioni   del   decreto   legislativo    sono    quindi
costituzionalmente   illegittime   perche'   assunte   anzitutto   in
violazione del principio di leale collaborazione andando ad  incidere
in maniera sostanziale e decisiva - sulle  prerogative  e  competenze
delle regioni e delle province autonome e,  comunque,  perche'  nella
parte in cui non prevedono un adeguato coinvolgimento delle  regioni,
incidono sulla pianificazione regionale,  condizionando  il  decisore
nella  individuazione  delle  scelte  da  adottare  e  dei   connessi
obiettivi  da  perseguire.  Gia'  in  passato,   nelle   materie   di
legislazione   concorrente,    la    Corte    costituzionale    aveva
reiteratamente affermato l'esigenza della previsione di procedure che
assicurassero  la  partecipazione  dei  vari   livelli   di   governo
coinvolti, attraverso strumenti di leale collaborazione o,  comunque,
di adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle
funzioni amministrative, allocate in capo agli organi centrali. 
    Le proposte della Conferenza permanente inopinatamente  disattese
erano  dirette,  del  resto,   a   prevedere   opportune   forme   di
coinvolgimento cosi' da evitare ogni possibile lesione  del  rispetto
di competenze consacrate in Costituzione. 
    6. Tanto premesso, le disposizioni  del  decreto  legislativo  16
giugno 2017, n. 104 in epigrafe sono  impugnate  per  violazione  dei
principi e delle norme costituzionali di cui agli articoli 3, 5,  32,
76, 81, 117, 118 e 120 della Costituzione. Per ragioni  di  chiarezza
espositiva, si e' scelto di presentare le questioni  di  legittimita'
costituzionale seguendo l'ordine sistematico delle  disposizioni  del
decreto legislativo, impugnate per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
l. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera g) del
decreto legislativo 16 giugno 2017,  n.  104,  per  violazione  degli
articoli 3, 5, 32, 76, 117, 118 e 120 Cost. 
    1. L'art. 6, comma 10, del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.
152 («Norme in materia ambientale») definisce l'oggetto e l'ambito di
applicazione delle disposizioni che regolano i  procedimenti  di  cui
alla Parte II in materia  di  «Valutazione  ambientale  strategica  -
VAS», «Valutazione di impatto ambientale  -  VIA»  e  «Autorizzazione
integrata ambientale - IPPC». 
    L'art.  3,  comma  1,  lettera  g)  del  decreto  legislativo  ha
modificato il comma 10 dell'art. 6 prevedendo che «per i  progetti  o
parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale  e
per  i  progetti  aventi  quali  unico  obiettivo  la  risposta  alle
emergenze  che  riguardano  la   protezione   civile,   il   Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  di  concerto
con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e  del  turismo,
dopo una valutazione caso  per  caso,  puo'  disporre,  con  decreto,
l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione  delle  norme
di cui al titolo  III  della  parte  seconda  del  presente  decreto,
qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare  i  suddetti
obiettivi». 
    Con la modifica dell'art. 6,  comma  10,  e'  stata  prevista  la
possibilita' di escludere dall'ambito di applicazione della parte III
del decreto legislativo n. 152/2006, oltre ai progetti  aventi  quale
unico obiettivo la difesa nazionale, anche quelli che corrispondo  ad
emergenze che riguardano la protezione civile. 
    Si ricorda che l'art. 6, comma 10,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006  aveva  introdotto  la  possibilita'  di   attribuire   alla
«autorita' competente in sede statale» la valutazione caso  per  caso
dell'esclusione  della  VIA  di  «progetti  relativi  ad   opere   ed
interventi destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale». 
    L'art. 3, comma 1, lettera g) del decreto legislativo, quindi, ha
ampliato ed incluso tra i progetti che possono essere  esclusi  anche
quelli che riguardano «emergenze di protezione civile». 
    In  altri  termini,  si  prevede  un  procedimento  identico  per
progetti che riguardano due materie diverse. 
    2. Con riferimento all'art. 3, comma 1, lettera g), la Conferenza
permanente  aveva  proposto  di  prevedere,   a   fronte   dell'unico
procedimento, di rimettere  la  domanda  elle  autorita'  competenti.
Nelle specifico e' stata  prevista  la  distinzione  tra  l'esercizio
della competenza esclusiva dello Stato (per i  progetti  aventi  come
obiettivo  la  difesa  nazionale)   e   l'esercizio   di   competenze
concorrenti, mediante l'introduzione di un ulteriore  comma  (10-bis)
all'art. 6 a tenore del quale «per  i  progetti  aventi  quale  unico
obiettivo la risposta alle emergenze  che  riguardano  la  protezione
civile e in attuazione di interventi urgenti  di  difesa  da  rischio
idrogeologico, l'autorita' competente, dopo una valutazione caso  per
caso, puo' disporre  l'esclusione  di  tali  progetti  dal  campo  di
applicazione delle norme di cui al titolo III della  parte  II  (.  .
.)». 
    La proposta della Conferenza permanente e'  stata  disattesa  dal
Governo che non ha recepito le modifiche  avocando  di  fatto  a  se'
l'esclusiva possibilita' di valutare - caso per caso - i progetti per
far fronte ad emergenze di protezione civile, senza neppure esaminare
la possibilita' di un coinvolgimento delle  autorita'  competenti  in
sede regionale. 
    3.  La  predetta  disposizione  (come  anche  quelle  oggetto  di
impugnazione  nei  successivi  motivi)  riflette  la   volonta'   del
legislatore  di  recepire  la  direttiva  prevedendo  l'ultimo   (non
necessario e, anzi,  incostituzionale)  ritorno  alla  concentrazione
delle funzioni amministrative in capo all'Autorita' statale a scapito
delle prerogative e degli interessi delle autonomi locali. 
    Ed,  in  effetti,  se  in  astratto  riferibile  alla  competenza
esclusiva  dello  Stato   in   materia   di   tutela   dell'ambiente,
l'intervento  legislativo  tende  a  disciplinare  in  modo  unitario
fenomeni sociali ben piu' articolati rispetto ai quali si registra il
sovrapporsi di una «trama di relazioni nella quale ben  difficilmente
sara'  possibile  isolare  un  singolo  interesse  quanto   piuttosto
interessi distinti che  ben  possono  ripartirsi  diversamente  lungo
l'asse delle competenze normative  di  Stato  e  Regione»  (v.  Corte
cost., 25 novembre 2016, n. 251; v.  anche  Corte  cost.,  22  luglio
2010, n. 278). 
    La complessita' della normativa oggetto di  recepimento,  in  cui
evidentemente si cumulano (ed  influenzano  vicendevolmente)  profili
riconducibili a materia di competenza statale e  concorrente  avrebbe
imposto di esaminare il riparto di competenze in un quadro piu' ampio
e esaustivo,  non  potendo  evidentemente  risultare  sufficiente  un
criterio di mera prevalenza. L'esigenza di tutelare la concorrenza di
competenze, se esaminata alla  luce  delle  garanzie  costituzionali,
pone  al  centro  del  giudizio  proprio  il   principio   di   leale
collaborazione. Del resto, e' in ossequio a tale principio  che  sono
stati individuati strumenti di coinvolgimento delle regioni  e  delle
province autonome, a difesa delle loro competenze e delle ragioni  di
esercizio unitario delle stesse. 
    In questi termini, il parere della  Conferenza  permanente,  come
strumento di coinvolgimento delle autonomie regionali e' certo indice
sintomatico  del   concreto   rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione. L'intesa tra lo Stato e la  regione  misura,  quindi,
l'effettiva  garanzia  del  corretto  dispiegarsi   delle   relazioni
istituzionali quanto alle competenze. 
    4. La Sovrana Corte ha  gia'  piu'  volte  riconosciuto  come  il
principio  di   leale   collaborazione   «diviene   dirimente   nella
considerazione di interessi sempre piu' complessi, di  cui  gli  enti
territoriali si fanno portatori» (v. Corte cost. n. 251/2016). 
    Come si vede, e' stata dunque elevata a principio  procedimentale
inderogabile (l'esigenza  di  coinvolgere  adeguatamente  le  regioni
nella forma dell'intesa). 
    Per inciso, siffatto onore vale, nella sua dimensione vincolante,
anche (recte soprattutto) nell'ipotesi di  attrazione  in  capo  allo
Stato della funzione legislativa  tenuto  conto  della  ineliminabile
esigenza di soddisfare le funzione amministrativa degli altri livelli
di governo costituzionalmente previsti (in ossequio  ai  principi  di
sussidiarieta'). 
    Tanto  cio'  e'  vero  che  codesta  ecc.ma  Corte  ha   peraltro
evidenziato come  l'esercizio  unitario,  che  consente  l'attrazione
insieme alla funzione amministrativa  anche  di  quella  legislativa,
«puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale  -
e giustificare la deroga  al  riparto  di  competenze  contenuto  nel
titolo V - solo in presenza di una disciplina che prefiguri  un  iter
in cui assumano il dovuto risalto  le  attivita'  concertative  e  di
coordinamento orizzontale, ovverosia le  intese,  che  devono  essere
condotte in base al principio di lealta'» (v. Corte cost., 1° ottobre
2003, n. 303; v. anche, di recente, n. 251/2016). 
    E' stato quindi riconosciuto come il sistema delle conferenze sia
proprio «il principale strumento che consente alle regioni  di  avere
un  ruolo  nella  determinazione  del  contenuto   di   taluni   atti
legislativi statali che incidono su materie di competenza  regionale»
e «[u]na delle sedi piu' qualificate  per  l'elaborazione  di  regole
destinate ad  integrare  il  parametro  della  leale  collaborazione»
(Corte cost. 1° febbraio 2006, n. 31; v. anche 23 novembre  2007,  n.
401). 
    In armonia con tali indicazioni, l'evoluzione impressa al sistema
delle conferenze finisce con il  rivelare  una  fisiologica  esigenza
dello Stato alla consultazione delle regioni per superare  il  vaglio
di costituzionalita' e si coniuga con il  riconoscimento  dell'intesa
quale strumento idoneo a realizzare la leale  collaborazione  tra  lo
Stato  e  le   autonomie   ove   «non   siano   coinvolti   interessi
esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo»
(Corte cost., 1° febbraio 2016). 
    Inserite  in   questo   quadro   evolutivo,   le   procedure   di
consultazione devono «prevedere meccanismi per il  superamento  delle
divergenze, basati sulla reiterazione delle trattative o su specifici
strumenti di mediazione» (Corte cost., n. 1/2016; nello stesso senso,
26 marzo 2010, n. 121). 
    Se dunque e' vero che il principio di  leale  collaborazione  non
preclude a priori il consolidamento  di  funzioni  amministrative  in
capo allo Stato, e' altrettanto innegabile come, per  la  riforma  di
istituti   che   incidono   su   competenze   statali   e   regionali
inestricabilmente connesse, il ricorso all'intesa e'  necessario  per
garantire il rispetto della Costituzione. 
    E' appena il caso di aggiungere che le attivita' nel rispetto del
principio di leale collaborazione valgono anche  quando  l'attuazione
delle disposizioni dettate  dal  legislatore  statale  e'  rimessa  a
decreti legislativi delegati, adottati dal Governo ai sensi dell'art.
76 Cost. 
    Tali  decreti,  sottoposti  a  limiti  temporali  e  qualitativi,
condizionati quanto alla validita' a tutte le  indicazioni  contenute
non solo nella Costituzione, ma anche, per volonta' di  quest'ultima,
nella legge di delegazione, finiscono, infatti, con l'essere attratti
nelle procedure di leale collaborazione, in vista del pieno  rispetto
del riparto costituzionale delle competenze. 
    5. Alla luce dei richiamati principi, l'art. 3, comma 1,  lettera
g)  del   decreto   legislativo   si   manifesta   costituzionalmente
illegittimo dal momento che il Governo ha escluso le regioni  tra  le
autorita' competenti a valutare l'ambito di applicazione del  decreto
legislativo n. 152/2006 (Norme  in  materia  ambientale)  i  progetti
destinati a rispondere ad  emergenze  che  riguardano  la  protezione
civile. 
    Il mancato coinvolgimento delle regioni e delle province autonome
nella definizione dell'ambito di applicazione del decreto  e'  lesiva
del principio di leale collaborazione. Il Governo,  infatti,  non  ha
tenuto conto delle proposte emendative  presentate  dalla  Conferenza
permanente  che   intervenivano   proprio   sulla   possibilita'   di
riconoscere, nell'ambito della competenza concorrente in  materia  di
protezione civile e governo del territorio, un coinvolgimento diretto
dell'«autorita' compente» in sede regionale. 
    Le disposizioni impugnate, dunque, violano il principio di  leale
collaborazione incidendo su ambiti (anche) di competenza regionale  e
sacrificando la possibilita' per la Regione di  adottare  proprie  ed
adeguate scelte organizzative. 
    6. Del resto, proprio nella «trama di relazioni ... lungo  l'asse
delle competenze normative  di  Stato  e  regioni»,  neppure  possono
escludersi quelle esigenze di governo del territorio e  tutela  della
salute che pure sono espressione di competenze concorrenti. 
    Nel caso  di  specie,  dunque,  si  prefigura  una  irragionevole
compressione delle prerogative regionali per la tutela  delle  salute
delle persone e dell'ambiente, cosi' violando l'art. 32  e  l'art.  3
della Costituzione. 
    In particolare, nelle situazioni piu' complesse  come  quelle  in
cui rileva il principio di  precauzione,  il  mancato  coinvolgimento
delle regioni non consente alle stesse di contribuire alle  modalita'
di esclusione dei progetti in questione, ne', tantomeno, sui  criteri
di esercizio delle relative attivita', in modo  tale  da  individuare
potenziali fattori di rischio e pericolo, derivanti  dai  progetti  -
neppure in chiave probabilistica; tutto cio' anche al fine  di  avere
una compiuta conoscenza di eventuali misure di  prevenzione  ad  esse
applicabili. 
    La Costituzione pone in primo piano i diritti fondamentali  della
persona umana in tutte le sue dimensioni, che deve essere tutelata da
ogni   pericolo   di   lesione   di   interessi    costituzionalmente
apprezzabili.  Tra  i  diritti  fondamentali   della   persona   v'e'
senz'altro quello alla salute (art. 32 della Costituzione), che nella
sua  dimensione  sociale   esprime   un   diritto   alla   salubrita'
dell'ambiente.  Per  altro  verso,  in   attuazione   del   principio
«solidaristico-sociale»,  l'iniziativa  economica  privata  non  puo'
svolgersi in modo dannoso per la sicurezza  delle  persone  (art.  41
della Costituzione). Pertanto, il contenuto del diritto alla  salute,
che  la  Costituzione  riconosce  a  tutti  gli  individui  ai  sensi
dell'art. 32, e' alquanto complesso. Esso si traduce, dunque, in  una
situazione   di   benessere   psico-fisico,   ossia   nella    tutela
costituzionale  dell'integrita'  psico-fisica,  del  diritto  ad   un
ambiente salubre, (oltre che del diritto alle prestazioni sanitarie e
della cosiddetta liberta' di cura). Allo stesso  modo  si  identifica
anche come diritto sociale fondamentale, tutelato dall'art.  2  della
Costituzione  ed,  essendo  intimamente  connesso  al  valore   della
dignita' umana (diritto ad un'esistenza degna), rientra  nei  diritti
inviolabili di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    7. Ne deriva che lo Stato, al fine di  assicurare  la  protezione
dell'integrita' psico-fisica  o  la  salubrita'  dell'ambiente,  deve
prevedere modelli procedimentali e forme di esercizio delle  funzioni
nel rispetto delle prerogative regionali. 
    Il mancato coinvolgimento delle regioni, nella fase dell'adozione
del decreto ministeriale come pure  tra  le  autorita'  competenti  a
valutare l'esclusione dei  progetti  per  fronteggiare  emergenze  di
protezione civile finisce per  disattendere  il  principio  di  leale
collaborazione, con una palese violazione delle competenze regionali,
atteso che la materia verte su  quelle  riguardanti  la  potesta'  di
legislazione concorrente. 
    Deve pertanto essere dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 3 del decreto legislativo n. 104/2017  per  violazione  dei
principi e delle norme costituzioni di cui agli articoli  3,  5,  32,
76, 117 e 120 della Costituzione nella parte  in  cui  non  e'  stato
tenuto conto degli interessi delle autonomie regionali  emersi  nella
Conferenza permanente, obliterando un confronto reale, necessario  ed
effettivo sulle disposizioni del decreto legislativo per contemperare
la compressione della competenza  regionale  in  materie  espressione
(anche) di interessi e competenze concorrenti. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 decreto legislativo  n.
104/2017 per violazione degli articoli 3, 5, 32, 76, 117, 118  e  120
Cost. 
    1. L'art. 5 del decreto legislativo ha  introdotto  l'art.  7-bis
del decreto legislativo n.  152/2006  per  mezzo  del  quale  vengono
definite le competenze in sede statale e  regionale  nelle  procedure
VIA e verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    A ben vedere, l'introduzione dell'art.  7-bis  ha  ridimensionato
sensibilmente  la  potesta'  normativa  regionale   in   materia   di
valutazione  di  impatto  ambientale,  circoscrivendole   a   profili
meramente organizzativi o, comunque, a mere funzioni amministrative. 
    L'introduzione  dell'art.  7-bis  del  decreto   legislativo   n.
152/2006, quindi, comporta una violazione dell'art. 117, terzo comma,
della  Costituzione,  laddove  viene  compromesso  l'esercizio  della
potesta' legislativa regionale in materie concorrenti (e, inter alia,
porti  e  aeroporti  civili,  produzione,  governo  del   territorio,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia) e, in  particolare,
in  materia  di  tutela  della  salute,  stante  le   finalita'   del
procedimento di valutazione di  impatto  ambientale  (cfr.  punto  41
delle  premesse  della  direttiva,  nonche'  art.   4   del   decreto
legislativo n. 152/2006). 
    2. Ancora una volta occorre collocare le  disposizioni  impugnate
nel quadro complessivo delineato dal decreto legislativo n.  104/2017
che si  propone  di  riordinare  la  disciplina  delle  procedure  di
valutazione  di  impatto  ambientale.  Le  disposizioni  del  decreto
dettano previsioni fin troppo puntuali sulla procedura. 
    L'attenta disamina delle  disposizioni  consente  di  evidenziare
come  la  complessita'  del  settore  oggetto  di  recepimento  evoca
necessariamente il ricorso all'intesa della conferenza. Del resto, le
finalita' della direttiva sono quelle di garantire,  in  ossequio  al
principio dell'effetto  utile,  «il  miglioramento  della  protezione
ambientale, una maggiore efficienza delle risorse e il sostegno  alla
crescita  sostenibile  nell'Unione»  (cfr.  considerato  n.  6  della
direttiva). 
    Il perseguimento di tali scopi passa attraverso la valutazione di
impatto  ambientale  ed   i   suoi   «fattori»   di   sostenibilita':
«popolazione  e  salute   umana;   biodiversita',   con   particolare
attenzione alle specie  e  agli  habitat  protetti  in  virtu'  della
direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo,
acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio»
(cfr. art. 3 della direttiva). 
    Nel  recepire  tali  previsioni,  dunque,   l'unita'   funzionale
individuata dalla  direttiva  (i.e.  miglioramento  della  protezione
dell'ambiente)  dovra'   essere   necessariamente   scomposta   nella
pluralita' di funzioni che sono riconoscibili ai diversi  livelli  di
governo nell'architettura costituzionale (i.e.  popolazione,  salute,
flora, fauna, acqua, clima ecc.), individuando e garantendo lo spazio
corrispondente  a  ciascuna  istituzione  sempre  nel  rispetto   del
principio dell'effetto utile. 
    Tali competenze di pongono in un rapporto di concorrenza  poiche'
nessuna di esse puo' dirsi prevalente, ma  tutte  confluiscono  nella
nuova definizione delle regole procedimentali  della  valutazione  di
impatto  ambientale,  mostrandosi  in  una  prospettiva  unitaria   e
inscindibile, nonche' tra loro strumentalmente connesse. 
    Ne discende che se da un lato la  connessione  strumentale  delle
competenze costituisce il fondamento e la  validita'  dell'intervento
del  Governo,  dall'altro  non  puo'   pregiudicarsi   una   adeguata
valorizzazione delle autonomie regionali che e' quella dell'intesa. 
    Di nuovo e' innegabile che sia la Conferenza il luogo piu' idoneo
per la costruzione e la definizione concordata di tale intesa che non
puo' dirsi  raggiunta  ove  le  motivate  richieste  delle  autonomie
regionali siano state completamente disattese. 
    3. Tra l'altro, non va sottaciuto come  l'art.  76,  testualmente
reciti: «L'esercizio  della  funzione  legislativa  non  puo'  essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi  e  criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti». 
    In tale sede, si osserva come la legge  delega  non  preveda  una
compressione della potesta' normativa  regionale  nella  materia;  ne
consegue  una  violazione  della   Costituzione   per   mancanza   di
proporzionalita' e di  rispondenza  logica  rispetto  alle  finalita'
dichiarate, nonche' un eccesso di delega, in quanto  esorbitante  dai
principi e  dai  criteri  direttivi  posti  al  legislatore  delegato
dall'art. 1, comma 1 (laddove si richiama  quanto  previsto  all'art.
32, comma 1, lettera g) della legge 24  dicembre  2012,  n.  234),  e
dall'art. 14, comma 1, lettera a), della legge delega 9 luglio  2015,
n. 114, laddove prevede che «il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai
principi e criteri direttivi di cui all'art.  1,  comma  1,  anche  i
seguenti principi e criteri direttivi specifici: a)  semplificazione,
armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione  di
impatto  ambientale   anche   in   relazione   al   coordinamento   e
all'integrazione con altre procedure volte al rilascio  di  pareri  e
autorizzazioni a carattere ambientale». 
    4.  Nel  caso  di  specie,   nel   rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione,
non viene individuata alcuna forma di coordinamento con  le  regioni,
in modo da salvaguardare l'unitarieta' dei processi  decisionali,  la
trasparenza, la celerita', l'efficacia e  l'economicita'  nell'azione
amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili. 
    Ed invero, in sede di Conferenza permanente era stata proposta la
soppressione  della   introduzione   dell'art.   7-bis   al   decreto
legislativo n. 152/2006, in favore di una piu' completa articolazione
dell'art. 7 del decreto legislativo n. 152/2006 (gia' assertivo delle
competenza sulle procedure disciplinate dalla  Parte II  del  decreto
legislativo n. 152/2006), criticando l'impostazione sistematica volta
a distinguere, da un lato, le competenze in materia di VAS e AIA;  e,
dall'altro quelle di VIA e verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    In  particolare,  era  stata  segnalata  la   contrarieta'   alle
finalita' di semplificazione ed armonizzazione volute dalla direttiva
e  dalla  legge  delega,  in  quanto  in  sede  di  riconoscimento  e
definizione delle competenze tra i vari  livelli  di  amministrazione
statale e regionale avrebbe potuto (e dovuto) scorgersi il (ben  piu'
significativo) legame tra l'awio di procedure VIA e AIA. 
    Ancora  una  volta  le  modifiche   proposte   dalla   Conferenza
permanente risultano essere  state  disattese  dal  Governo,  che  ha
ignorato  le  proposte  disegnando  un  sistema  di   riparto   delle
competenze che non risulta affatto semplificato e che, al  contrario,
ha contribuito ad aumentare le potenziali  criticita'  di  incertezza
applicativa. Anche rispetto a tale profilo, dunque,  la  disposizione
merita di essere dichiarata costituzionalmente illegittima in  quanto
si palesa contrastante con le prerogative di leale collaborazione tra
lo Stato e le regioni. 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 1 e  comma  2,
del decreto legislativo n. 104/2017 per violazione degli articoli  5,
76, 117, 118 e 120 Cost. 
    1. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo introduce il  c.d.
provvedimento autorizzatorio unico regionale. 
    Giova evidenziare sin d'ora che l'art. 16, comma 2,  del  decreto
legislativo non era previsto nella bozza di schema di decreto inviato
dal Governo alla Conferenza permanente. 
    In altri  termini,  la  disposizioni  relativa  al  provvedimento
autorizzatorio unico regionale e' stata introdotta  senza  che  fosse
concessa la possibilita' alle regioni e  alle  province  autonome  di
esaminare  il  testo  della  disposizioni  e  presentare  le  proprie
osservazioni, con tutto cio'  che  ne  consegue  in  ordine  ai  gia'
lamentati profili di  contrarieta'  delle  disposizioni  del  decreto
legislativo - ivi incluso l'art. 16, comma 2 - al principio di  leale
collaborazione. 
    La  proposta  invero  non  risulta  essere  stata   adeguatamente
elaborata  e  condivisa  dalle  regioni  e  non  tiene  conto   delle
differenze pur esistenti tra le stesse  amministrazioni  regionali  a
livello organizzativo, con tutto cio' che ne consegue in ordine  alla
possibilita' di una uniforme applicazione. 
    2.  Sotto  altro  profilo,  emerge  l'eccessivo  dettaglio  delle
disposizioni che introducono il «provvedimento  autorizzatorio  unico
regionale». 
    Il cd «provvedimento autorizzatorio unico regionale», infatti, ha
una portata piu' ampia e ricomprende, non  solo,  la  valutazione  di
impatto ambientale strettamente  intesa,  ma  anche  tutti  i  titoli
abilitativi rilasciati, necessari per la realizzazione  dei  relativi
progetti e per l'esercizio delle attivita' da essi derivanti. 
    Per quanto attiene al caso di  specie,  la  giurisprudenza  della
Corte   costituzionale   e'   univoca   nel    censurare    normative
eccessivamente puntuali che non lascino alcuno spazio al  legislatore
regionale,  atteso  che  «alla  normativa  di  principio  spetta   di
prescrivere criteri e obiettivi, mentre alla normativa  di  dettaglio
e' riservata l'individuazione degli strumenti concreti da  utilizzare
per raggiungere tali obiettivi (Corte cost. 24 luglio 2015,  n.  189;
v. anche n. 278 del 2010). 
    Se nel suo provvedimento il governo eccede spazialmente  l'ambito
di intervento che e' stato delineato dalla  legge  delega,  esso  non
viola soltanto quest'ultima ma anche, attraverso  il  meccanismo  del
parametro costituzionale interposto, la  disposizione  costituzionale
che definisce il contenuto obbligatorio della legge di delega. 
    3. Ne discende che, nel caso che ci interessa, a seguito  di  una
violazione dei principi e dei criteri direttivi della  legge  delega,
si e' verificata una inosservanza dell'art.  76  della  Costituzione,
atteso che la norma non si limita agli atti di assenso  di  carattere
ambientale, ma influisce sulle varie componenti, di  diversa  natura,
del provvedimento da adottare. 
    Il dettato costituzionale assume un rilievo positivo,  in  quanto
esige che l'azione del legislatore delegato si  svolga  nel  rispetto
puntuale  della  legge-delega,  senza  che  si  possa  ravvisare  una
deviazione della stessa, determinata da un eterodosso esercizio della
funzione legislativa. 
    4. Infine, il mancato coordinamento della  normativa  di  settore
nella  disciplina  del  provvedimento  unico  regionale,  rischia  di
tradursi in una incertezza  applicativa,  con  conseguente  possibile
pregiudizio della garanzia di buon andamento. 
    A questo proposito, se e' vero che l'azione amministrativa  debba
essere doverosa e trasparente (oltre  a  dover  essere  continuativa,
perche'  non  tollera  interruzioni  o  vuoti   di   esercizio),   e'
altrettanto vero che tali evenienze non possano non  rinvenire  nella
legge la loro  fonte  regolatrice,  onde  garantire  quella  certezza
giuridica che e' essenziale al modello di organizzazione  voluto  dal
legislatore, per assicurarne l'imparzialita'  ed  il  buon  andamento
anche nei confronti della collettivita'. E, nel caso di specie, tutto
cio' e' compromesso. 
IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 decreto legislativo n.
104/2017 per violazione degli articoli 5, 76, 117 e 120 Cost. 
    1. L'art. 21 del  decreto  legislativo,  modificando  l'art.  33,
comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  prevede  che
«le tariffe da applicare ai proponenti, determinate  sulla  base  del
costo effettivo del servizio, per la copertura dei  costi  sopportati
dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle
attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di
verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di  VAS  sono  definite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare,  di  concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze». 
    2.  Il  presente  articolo  deve  intendersi   costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non preveda un adeguato coinvolgimento
delle regioni, nella fase di approvazione del  decreto  ministeriale,
con il quale si  dispongono  le  modalita'  di  determinazione  delle
tariffe per la copertura dei  costi  istruttori,  con  lesione  delle
potesta' organizzative delle regioni e  in  violazione  dell'art.  5,
dell'art. 117 e dell'art. 120 della Costituzione, stante  il  mancato
preventivo confronto con le autorita' competenti in materia di VIA. 
    Anche  nel  caso  di  specie,  il  rispetto   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione,
avrebbe imposto al Governo di individuare un forma  di  coordinamento
con le regioni, in modo da salvaguardare l'unitarieta'  dei  processi
decisionali,   la   trasparenza,   la   celerita',   l'efficacia    e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili (Corte cost. 19 luglio 2005, n. 285). 
    3. Anche rispetto  a  tale  previsione,  dunque,  assume  rilievo
decisivo la mancanza di un adeguato riconoscimento e, in  definitiva,
di una leale  collaborazione  del  legislatore  statale.  Ed  invero,
avendo riguardo agli interessi implicati e alla  peculiare  rilevanza
di  quelli  connessi  all'ambito  materiale  rimesso  alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, non  possono  dirsi  adeguatamente
attuate  dal  parere  della  Conferenza,  atteso  che   le   proposte
emendative ivi contenute sono state disattese. 
V. Illegittimita' costituzionale degli articoli 22, commi 1-4, e  26,
comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 104/2017 per violazione
degli articoli 5, 76,117,118 e 120 Cost. 
    1. L'art. 22, commi da 1 a 4, ed art. 26,  comma  1,  lettera  a)
introducono modifiche  agli  allegati  della  Parte  II  del  decreto
legislativo n. 152/2006. 
    In  particolare,  all'esito  della  revisione   delle   modifiche
introdotte  con  il  decreto  legislativo  emerge  come  siano  state
sottratte  alle  regioni  un  considerevole   numero   di   tipologie
progettuali  (riguardanti  materie  di  potesta'  legislativa   anche
regionale) attribuite alla competenza amministrativa dello Stato. 
    2. Gia' in sede di parere sul testo delle  schema  la  Conferenza
permanente ha segnalato che l'attrazione nella  sfera  di  competenza
dello Stato della valutazione di impatto ambientale  di  progetti  ed
infrastrutture che erano in precedenza svolte in  sede  regionale  (o
delle  province  autonome)  configura  una   centralizzazione   delle
competenze che, sotto le spoglie di una pretesa  semplificazione,  si
traduce  in  una  violazione  delle  prerogative  riconosciute   alle
autonomie locali. 
    3. Sotto altro profilo, la sottrazione da parte  dello  Stato  di
competenze a danno delle regioni e delle province  autonome  registra
una  inversione  di  tendenza  rispetto  ai   precedenti   interventi
normativi sul codice dell'ambiente del 2008 e del  2010  che  avevano
invece  ampliato  l'ambito  di  applicazione  della   VIA   regionale
(includendo la possibilita'  che  fosse  riconosciuta  la  competenza
regionale anche al di la' del criterio  dimensionale  sull'estensione
degli impatti). 
    Ne discende che non e' evidentemente coerente con i  principi  di
semplificazione e sussidiarieta', al quale si ispira la  direttiva  e
l'intervento riformatore del Governo, la scelta  di  trasferire  allo
Stato le decisioni riguardanti  progetti  concernenti  la  protezione
civile (cfr. supra par. I) ovvero sulla valutazioni  di  progetti  ed
infrastrutture (es. inter alia impianti  eolici,  acquedotti,  strade
extraurbane, piccoli porti). 
    La soluzione di trasferire al livello statale molte categorie  di
opere non tiene neanche in debita considerazione i  criteri  generali
che dovrebbero dettare l'attuazione del diritto  europeo  cosi'  come
previsti dalla legge n. 234/2012 laddove  prevede  espressamente  che
«quando   si   verifichino   sovrapposizioni   di   competenze    tra
amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le  competenze  di
piu' amministrazioni  statali,  i  decreti  legislativi  individuano,
attraverso le piu' opportune forme di  coordinamento,  rispettando  i
principi di sussidiarieta',  differenziazione,  adeguatezza  e  leale
collaborazione e le competenze  delle  regioni  e  degli  altri  enti
territoriali,  le  procedure  per  salvaguardare  l'unitarieta'   dei
processi decisionali, la trasparenza,  la  celerita',  l'efficacia  e
l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara  individuazione
dei soggetti responsabili (art. 31, comma 1 lettera g). 
    4. Ne consegue, una violazione dell'art. 117, terzo comma,  della
Costituzione, laddove viene compromesso  l'esercizio  della  potesta'
legislativa  regionale  in  correlate  materie  concorrenti,  nonche'
dell'art.  118,  in  quanto  vengono  ridimensionate  le   competenze
amministrative  regionali  e  quelle  a  suo  tempo  conferite,   per
categorie  di  progetti,  dalla  stessa  regione  agli  enti  locali,
prescindendo   da   valutazioni    sull'adeguatezza    del    livello
istituzionale coinvolto, con  patente  violazione  del  principio  di
leale collaborazione (art. 5 ed art. 120 della Costituzione). 
    5. La  disposizione  censurata  viola  inoltre  l'art.  76  della
Costituzione per eccesso  di  delega.  La  legge  delega  invero  non
contempla espressamente  la  revisione  del  riparto  delle  potesta'
legislative ed amministrative tra  Stato  e  regioni,  limitandosi  a
richiamare l'esigenza di regolare aspetti procedurali in  materia  di
VIA per una semplificazione e armonizzazione della disciplina. 
    Si prefigura, pertanto, una compressione del  potere  legislativo
regionale, attuata, tra l'altro, in assenza di necessaria intesa  con
le stesse regioni. 
VI.  Illegittimita'   costituzionale   dell'art.   27   del   decreto
legislativo n. 104/2017 per violazione dell'art. 76 e 81 Cost. 
    1.  L'art.  27  del   decreto   legislativo   ha   previsto   che
«dall'attuazione del presente decreto non  devono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Conviene osservare che  la  cosiddetta  «clausola  di  invarianza
finanziaria» appaia nella fattispecie palesemente  aleatoria,  atteso
che le modifiche alle procedure di Valutazione di impatto  ambientale
apportate implicano nuovi oneri a  carico  dell'autorita'  competente
per effetto degli ulteriori  adempimenti  procedurali  previsti,  con
presumibili esigenze di risorse aggiuntive. 
    La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha piu' volte precisato
che  la  copertura   di   nuove   spese   «deve   essere   credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato
rapporto con la spesa che si intende effettuare in  esercizi  futuri»
(cfr. Corte cost. n. 131 del 2012). 
    2. Ne deriva che, anche la disposizione di cui all'art. 27  viola
i principi ed i criteri direttivi della legge delega, atteso  che  si
pone in contrasto con l'art. 1, comma 4, della  succitata  norma,  la
quale testualmente recita «Eventuali spese non contemplate  da  leggi
vigenti  e   che   non   riguardano   l'attivita'   ordinaria   delle
amministrazioni statali  o  regionali  possono  essere  previste  nei
decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli
allegati A e B nei soli limiti  occorrenti  per  l'adempimento  degli
obblighi  di  attuazione  delle  direttive  stesse;   alla   relativa
copertura, nonche' alla copertura delle minori entrate  eventualmente
derivanti  dall'attuazione  delle  direttive,  in  quanto   non   sia
possibile farvi fronte con i fondi  gia'  assegnati  alle  competenti
amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione  di  cui
all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183».